24 gennaio 2012

Da "Fotocrazia" il blog di Michele Smargiassi: "Kodak e il fotofonino cannibale"



Cannibale, insaziabile, feroce. Nascosto nella calda tana dei nostri taschini, il supertelefono rosicchia, anzi divora le sue sorelle tecnologiche, una per una.

Ha già fatto fuori le sveglie dai nostri comodini, le agende elettroniche dalle nostre scrivanie, i lettori Mp3 dalle nostre orecchie, sta ormai cacciando i navigatori satellitari dai nostri cruscotti. Nulla, nello scenario della fotografia digitale, può essere dato per scontato, nessun nuovo aggeggino sembra avere una durata paragonabile a quella dei vecchi attrezzi analogici.

La crisi di Kodak, che sembra essere arrivata al punto di non ritorno con la richiesta di amministrazione controllata seguita al tentativo disperato di far cassa vendendo quel po’ di brevetti ancora appetibili, non è altro che l’effetto dell’incapacità di prevedere la velocità del cambiamento, non solo la sua direzione. O meglio, dei molti cambiamenti sovrapposti che stanno cambiando il volto del consumo-uso delle immagini tecnniche.

Uno dei quali, da ultimo, nell’anno che è appena finito, ha preso di mira le macchine fotografiche digitali più popolari, le “compattine” tascabili, quelle che avevano da poco ammazzato le loro madri a pellicola. Le ha azzannate e tramortite. Sono ferite letali, tutte le statistiche concordano.

Nel 2011 i produttori di materiale fotografico hanno ricavato solo il 37% dei loro proventi dalle “inquadra-e-scatta”: l’anno prima era il 48%.

Negli Usa, la quota di foto prese con le fotocamere a lente fissa è crollata nello stesso arco di tempo dal 52 al 44%, mentre le foto prese con l’occhio di vetro degli smartphone sono balzate dal 17 al 27% del totale.

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