3 gennaio 2012

Non di solo People - Michele Smargiassi racconta l'ultimo libro della Leibovitz



Quel che resta quando le persone se ne vanno. Un paio di guanti che hanno stretto migliaia di mani. Un televisore bucato da un colpo di pistola. Un vestito bianco come un fantasma.

È disabitato l’ultimo mondo di Annie Leibovitz. Proprio lei, la fotografa più people che sia mai esistita, la sovrana, la tiranna del ritratto fotografico ai suoi livelli più sofisticati, luccicanti e costosi. Per dir meglio, è dis/abitato: è stato abbandonato dalle persone che vi hanno vissuto. Non c’è un solo essere umano in queste sue ultime fotografie, solo case vuote e paesaggi deserti nelle oltre duecento pagine di Pilgrimage, il libro che tutti le sconsigliavano di fare, «non ne venderai una sola copia», il libro che lei ha voluto fare, o forse ha dovuto fare: «Avevo bisogno di salvarmi la vita».

A volte arriva, nella carriera dei grandi fotografi, il momento in cui occorre disintossicarsi dal mondo che i loro stessi occhi hanno costruito. Sebastião Salgado, ad esempio, ha lasciato il suo universo di bibliche fatiche ed esodi per risalire alla Genesi di paesaggi primordiali pre-umani. Il mondo di Annie Leibovitz era grande come il sogno americano, conteneva tutto il suo immaginario di successo, glamour, potenza.

Finire nel campo visuale delle sue lenti era entrare nel Pantheon del successo, ma con rispetto: tutti quanti, da John Lennon a Nicole Kidman, da Woopi Goldberg a Jack Nicholson fino alla regina Elisabetta («Maestà, potrebbe togliersi la corona? È così formale…»), hanno dovuto subire i suoi ordini, i suoi set, le sue scenografie geniali o bizzarre o sontuose.


Il resto del post dal blog di Michele Smargiassi
L'articolo completo da "La domenica di Repubblica"